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Il quarto libro della Collana "Gli indispensabili" de Il Nuovo calcio

15.10.2015 11:54

ANCORA UNA VOLTA LA PROF FA CENTRO

04.10.2014 11:46

https://isabella-gasperini.blogspot.it/2014/10/vincere.html

Le parole che seguono, sono della mia carissima amica Prof, Isabella Gasperini e le potete trovare sul suo blog. Sono parole che dovremmo far nostre, viverle quotidianamente con i nostri ragazzi, poiché noi adulti sappiamo bene che durante la nostra vita abbiamo assaporato sia il gusto della sconfitta che quello della vittoria, e quindi dobbiamo accompagnare i nostri ragazzi, verso l'accettazione serena di quello che la vita ci riserva.
Vincere
Quando i ragazzi passano dalla Scuola Calcio all'agonistica, credo che noi adulti dobbiamo aiutarli a trasformare molti aspetti del modo di scendere in campo per affrontare una partita. Perché tra i due settori sportivi il calcio cambia, inevitabilmente. È così, e a questa trasformazione bisogna adeguarsi.
Mentre nel contesto della Scuola Calcio sento dire spesso agli istruttori che l'importante non è vincere ma svolgere una buona prestazione e praticare un buon gioco al di là del risultato, a 13-14 anni, per una strana coincidenza, il calcio si fa più accanito e sembra colludere con le trasformazioni psicofisiche dell'adolescente che diviene, da questa età In poi, un vulcano sull'orlo di eruttare. Tempeste ormonali, conflitti interiori tra il desiderio di autonomia e il bisogno dell'affetto dei genitori si camuffano spesso dietro il suo essere burbero e ribelle. Analogamente a ciò, il calcio che lui pratica, diviene più agonistico.
In questo modo lo sport si propone all'adolescente come un prezioso contesto dove poter canalizzare tutta la sua energia attraverso una via di sfogo adeguata: la voglia di vincere.
Scendere in campo per vincere significa osare, mettersi in gioco in ogni caso, anche giocando male se si è particolarmente emozionati; giocare per vincere permette di buttare fuori più adrenalina, sudore e fiato.
Scendere in campo per vincere significa rischiare di perdere, quindi acquisire spavalderia e coraggio di fronte ad un'avversità come la sconfitta, che le avversità svariate della vita le rappresenta tutte.
Dire ai ragazzi di scendere in campo per fare bella figura al di là del risultato non è altrettanto motivante. Lo vedo dall'esperienza in campo... Spesso percepisco che in ciò si nasconde una strategia inconscia del mister di affrontare la partita placando a priori il suo timore di essere criticato di fronte ad una possibile sconfitta. Mentre all'adolescente non fa male confrontarsi con la smania di vincere. L'adolescente si aspetta che un adulto lo esorti a vincere motivandolo a dare il massimo, così va evocata la vittoria!
Aspirare alla vittoria è una sfumatura di una carica motivazionale innata nell'essere umano. Freud parlava di istinto di vita, riferendosi a un aspetto di noi stessi volto a eruttare, come un vulcano, energia propositiva. In linea con ciò possiamo concepire la voglia di emergere, come quella forza che ti permette di ostinarti in qualcosa, come per esempio a nuotare per emergere dall'acqua e palpitare boccate valicando a forza l'orlo che delimita il mare dall'aria. Boccate di ossigeno che hai raggiunto con fatica e che ti fanno sentire vivo. È così che io sento la vittoria se la penso dentro di me, se cerco di sentirla mettendomi nei panni dei ragazzi quando esultano per un gol appena fatto.
E vincere diventa una sfida, dove si specchiano motivazioni ataviche che vanno oltre le nostre origini e affiorano dalla notte dei tempi, quando vincere rappresentava il risultato della temerarietà con cui si rimaneva vivi dopo una battaglia, con cui si affrontava la lotta per la sopravvivenza. La cosa grandiosa è che vincere è una delle possibilità, perché dove si ha la possibilità di vincere c'è anche la possibilità di perdere. È una medaglia con due facce. Esiste in quanto tale. Quel gusto amaro, a volte insopportabile, che prevede la sconfitta, è come un incubo dove si nuota, si nuota, e non si riesce a raggiungere l'orlo dell'acqua, ma in quanto tale risulta essere uno stimolo fondamentale per chi ha un animo vincente, perché gli consente di trovare la forza per poggiarsi sulle proprie gambe e darsi la spinta necessaria per risalire. A meno che non si voglia rimanere lì.
In tutto ciò il mister è proprio colui che deve dare ai componenti della squadra la convinzione che la vittoria è una certezza in cui credere, anche se lui sa che potrebbe non essere così. Il mister deve motivare quell'animo vincente a credere in se stesso affinché, come dice Paulo Coelho, "l'universo cospiri verso ciò che vuoi". E la vittoria non risulta più l'obbiettivo, ma una conseguenza della convinzione di potercela fare.

https://isabella-gasperini.blogspot.it/2014/10/vincere.html

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04.10.2014 11:43
https://www.youcoach.it/articolo/come-ha-bisogno-di-essere-incitato-il-giovane-calciatore-migliorare-la-sua-performance

AIUTIAMO I BAMBINI

04.10.2014 11:41
Nel momento in cui si incita un bambino che fa sport, sia che si tratti del proprio figlio, sia che si tratti di un componente della squadra che si allena, le parole e le emozioni che vengono utilizzate da parte dell'adulto, sono determinanti sull'effetto che tale incitamento procurerà.
 
Se l'adulto vive il momento sportivo del bambino che incita come un'occasione, più o meno consapevole, per appagare il proprio desiderio di emergere e di mettersi in mostra, il modo in cui esorterà il giovane atleta, a scendere in campo o ad allenarsi, inevitabilmente farà trasparire l'importanza di impegnarsi per essere il più bravo, per fare bella figura. In questo caso al bambino viene insegnato prima di tutto che il metro di misura utilizzato per valutare se stesso e gli altri è il livello di prestazione, inoltre che la vittoria è un modo per spiccare rispetto agli altri. Se si incita il piccolo calciatore dicendogli frasi come "Cerca di essere il più bravo", "Se vinciamo dimostriamo di essere i migliori", "Gianni e Piero sono meglio di te" non solo si esalta il valore della prestazione, ma si induce il bambino a dare molto peso al confronto con gli altri. Ciò appesantisce le dinamiche emotive che si aggirano attorno alla competitività, la quale, se viene affrontata con spirito sportivo e serenità, preclude i suoi aspetti costruttivi. Ma non quando si focalizza soltanto sul bisogno di essere il più bravo di tutti.
 
Sarebbe bene esortare i bambini, anziché al confronto con gli altri, a misurarsi con i propri livelli prestazionali precedenti, così da motivarli ad impegnarsi durante gli allenamenti e la gara, attraverso la consapevolezza dei propri progressi.
 
Per riuscire a trovare le parole e l'enfasi giusta affinchè l'incitamento del genitore o dell'allenatore sia adeguato ai bisogni del bambino, è necessario prima di tutto che l'adulto si renda conto, prima di esortare, che desiderare di emergere attraverso la performance sportiva dei bambini che si seguono nello sport, è un bisogno volto a compensare le proprie inadeguatezze inconfessate.... I bambini giocano soltanto per divertirsi e sfogarsi praticando sport. A loro di essere i migliori non gliene importa niente
 
Si potrebbe quindi incitare un bambino semplicemente dicendogli: "Bravo! Sei migliorato!", "Hai visto come sei più veloce nella corsa rispetto a un anno fa?"
Evitando di dire: "Sei diventato il più bravo!", "Hai visto che corri più veloce di Marco e Matteo?
 
Essere genitori è un ruolo bellissimo ma difficile da svolgere. Così come essere allenatori in una Scuola Calcio. Non è pos­sibile formarsi in una scuola speciale che prepari ad affrontare questi ruoli da esperti, soprattutto quello del genitore. Bisogna soltanto affidarsi al proprio buon senso. Non ci si può neanche illudere di poter trovare una sorta di libro tascabile, dove po­ter leggere la soluzione ad ogni problema in cui ci si imbatte. 
 
Allora la cosa migliore da fare è cercare di acquisire informazioni dalle situazioni che si incontrano nella quotidianità, e che ci possono arricchire. E soprattutto porsi ai propri figli, così come ai bambini che si allenano, con fermezza e fiducia, cercando di non in­vadere le esperienze che appartengono soltanto a loro con le nostre aspettative di adulti.
 
Dott.ssa Isabella Gasperini

NESSUNO MI PUO' GIUDICARE

07.08.2013 09:50

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:

- Sai cosa ho appena s...entito sul tuo amico?

- Un momento - rispose Socrate. - Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.

- I tre setacci?

- Ma sì, - continuò Socrate. - Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?

- No... ne ho solo sentito parlare...

- Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?

- Ah no! Al contrario

- Dunque, - continuò Socrate, - vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?

- No, davvero.

- Allora, - concluse Socrate, - quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?

Se ciascuno di noi potesse meditare e metter in pratica questo piccolo test... forse il mondo sarebbe migliore.

Primo blog

30.07.2013 08:36

Oggi abbiamo inaugurato il nostro nuovo blog. Continuate a frequentarlo e vi terremo aggiornati. Potrete leggere i nuovi post del blog tramite il feed RSS.