Voglio solo che si diverta di Isabella Gasperini

10.01.2014 17:03

"Voglio solo che si diverta"

 
Vivendo il calcio giovanile ogni giorno, sia attraverso le mie collaborazioni con le Scuole Calcio, sia seguendo mio figlio Luca e la squadra che allena mio marito Roberto, mi rendo conto sempre più di come sia necessario vivere il calcio praticato dai bambini da dentro.
Ovvero non da spettatori, ma da recettori di emozioni. 
 
Ciò è possibile assimilandosi al contesto sportivo dei bambini, vivendo lo sport come uno spazio dove noi adulti possiamo avvicinarci di più al loro universo. Questa esperienza può insegnarci, in primo luogo, ad acquisire la capacità di vivere di sensazioni immediate, qualità tipica dei bambini e che nel percorso della vita si perde. Soltanto calandoci nel modo semplice e giocoso con cui loro, i piccoli protagonisti delle Scuole Calcio, scendono in campo, possiamo riacquisire quel modo di fare semplice e bambino che ci siamo dimenticati di aver avuto. Solo così può essere attuabile quel desiderio che quasi tutti i genitori si auspicano: "voglio che mio figlio giochi a calcio solo per divertirsi". Perché sarebbe il nostro modo di vivere il calcio, che i bambini assimilano di conseguenza. 
Solo così può aprirsi, a noi adulti e a loro bambini, l’occasione di fare calcio con lo scopo di sfidare i limiti personali e desiderare la vittoria non per appagare l’ambizione al successo, ma per arricchirsi della tenacia di non demordere, la stessa tenacia che evoca la sconfitta.
Una cosa è accompagnare a una gara nostro figlio o l’atleta che si allena, ricercando l’ebbrezza della vittoria. Una cosa è vivere tale momento rapiti da particolari a cui abitualmente non si fa caso. Come l’aspetto suggestivo delle orme di tanti tacchetti su un campo di calcio in terra battuta, che fanno di esso un libro firmato dalle energie e dalle storie di tanti. Come la freschezza emanata dalle zolle strapazzate di un campo in erba dopo una partita di rugby, segni di passaggi pensati e vissuti, di scontri e alleanze che in quel luogo concedono alla terra di farsi sentire viva… 
Quando sensazioni come queste si confondono con le risa di bambini che si fanno la doccia dopo aver liberato il loro entusiasmo in un campo di terra o d’erba, allora vivere lo sport diviene l’occasione per essere destinatari di un’esperienza speciale.  
Se noi adulti diventassimo consapevoli di questo, l'obbiettivo con cui ci avvicineremmo alla Scuola Calcio non sarebbe più quello di andare a vedere le convocazioni, di controllare quanti minuti gioca un bambino rispetto a un altro, di trovare un modo per "fermare" i bambini troppo vivaci che non permettono  all'istruttore di "impacchettare" la squadra ideale... Il nostro scopo diventerebbe solo quello di vivere ogni attimo, all'interno di una Scuola Calcio, come un alito di ossigeno per la nostra anima.
 
                                                                                                                    Isabella Gasperini Laurea in Psicologia presso l’"Università La Sapienza” di Roma.