UN CALCIO ALLA CATTIVERIA

14.11.2013 16:30

In Calabria

IL SIMBOLO

Scuola calcio antimafia danneggiata Ritorsione?

Solo ieri l’appello Gazzetta per non chiudere la struttura: la Regione vuole 185 mila euro altrimenti andrà all’asta. Una coincidenza. Forse. Di sicuro la tempistica è stata alla pari di un attaccante di razza, un vero rapinatore d’area. Ecco, rapinatore è il termine giusto. Ieri mattina a Gioiosa Ionica la notizia del giorno doveva essere l’appello lanciato dalla Gazzetta dello Sport per evitare la chiusura della prima e unica scuola calcio etica presente in Italia.Ma qualcuno si è mosso nella notte di martedì, entrando nella struttura: bar devastato, vandalismi vari e furto di pochi euro. Una coincidenza. Forse. Di sicuro non lo era la chiara minaccia di qualche anno fa, quando furono lasciati sull’erba sintetica delle cartucce di proiettili.

Un campo da salvare Ai clan il presidio di Gioiosa dà molto fastidio. Non è difficile capire

il perché: è un complesso dove circa duecento bambini crescono rincorrendo un pallone, ma soprattutto imparando valori importanti in una zona di frontiera, spesso messa sotto scacco da poche decine di persone. La ‘ndrangheta di solito concepisce il calcio come strumento per rafforzare il consenso, mentre la scuola gestita dalla associazione Don Milani con l’aiuto di Libera di Don Ciotti va dalla parte opposta: la legalità. Un esperimento unico che rischia di finire nel peggiore dei modi: chiuso. Questo perché il terreno dove sorge il complesso (campi, aule, un parco giochi) è di proprietà della Regione Calabria attraverso l’agenzia Arssa, in via di smantellamento. Anche il terreno di Gioiosa è finito in questo calderone. Morale: la Regione ha chiesto 185mila euro all’associazione per l’acquisto del lotto, altrimenti finisce all’asta. Che vuol dire consegnarlo nelle mani della ‘ndrangheta. E pensare che questa bella storia va avanti dal 1995, anno in cui è partita la gestione della Don Milani. Da allora il terreno è stato bonificato da un casupola di amianto (un vecchio magazzino) e poco alla volta si è trasformato in un’oasi nel deserto. Nel 2009 è partita la scuola calcioetica. Un progetto rafforzato da tanti gemellaggi, il più saldo è quello con l’Aurora Desio con la vice sindaco e senatrice Lucrezia Ricchiuti che è pronta a portare la questione in Commissione Antimafia. Servono risposte pronte da tutte le istituzioni, comprese Figc e Coni. Il campetto di Gioiosa è un bene di tutti e non può arrendersi a minacce e rapinatori notturni.

Salviamo insieme il campo di Gioiosa

Indignarsi non basta, ha scritto don Luigi Ciotti sulla Gazzetta. Occorre agire nel concreto e con l’esempio. E allora facciamolo subito. Salviamo tutti insieme – intendo tutto il mondo dello sport – la scuola di calcio ed etica di Gioiosa Ionica, minacciata non solo dall’ndrangheta (ieri l’impianto è stato devastato dai soliti ignoti) ma anche dall’intollerabile insipienza dello Stato e della regione Calabria. E’ una priorità nazionale, tanto e più di molte leggi in discussione al Parlamento. Affrontarla e risolverla costa meno di una pensione d’oro:185 mila euro per l’esattezza è il prezzo della dignità collettiva e del principio di legalità che in questa vicenda sono la vera posta in gioco. La storia è nota, l’ha ben raccontata tra gli altri il nostro Francesco Ceniti: nel 2009, in terra di mafie, le associazioni Libera e Don Milani mettono in piedi un centro sportivo in cui 200 ragazzini imparano a tirar calci a un pallone e alla criminalità. Una sfida stupenda. Il terreno è della Regione che ora pretende 185 mila euro per l’acquisto oppure se lo riprende e lo mette all’asta. Non ho commenti. Dico solo che questi soldi le associazioni non li hanno e l’ndrangheta invece sì. E allora pensiamoci noi, tutti insieme ripeto. Sarebbe una gran bella lezione di unità e concretezza, un antidoto al razzismo, alla violenza, a mille chiacchiere senza costrutto. E’ possibile che la Figc, le varie Leghe, i club della serie A, i numerosi sponsor che a vario titolo partecipano al mondo del pallone non riescano a raccogliere il necessario per evitare questo sconcio? No, non è possibile. E allora cominciamo da noi: la fondazione Candido Cannavò – che purtroppo non naviga nell’oro – aprirà la sottoscrizione con 5 mila euro in nome della sua campagna “Io tifo positivo”. E il giornale, oltre alle cronache con cui documenterà gli sviluppi della vicenda, metterà a disposizione due pagine del quotidiano e due pagine di SportWeek (il controvalore di qualche decina di migliaia di euro) per pubblicizzare il marchio delle istituzioni e delle aziende che contribuiranno alla causa. Ma questa non deve essere e non sarà la campagna della Gazzetta, bensì di tutto lo sport. Sono sicuro che tanti colleghi ugualmente impegnati su questi temi, negli altri giornali e nelle televisioni, sapranno cogliere il senso della sfida e farla propria. La piccola partita di Gioiosa vale un intero campionato. E vedo una grande squadra che può vincerla.